L’Associazione Antimafie “Rita Atria” sul caso Ofria: l’assurdo diventa sistema
Quando abbiamo appreso dell’assurda vicenda che sarà ricordata come il “Caso Ofria”, siamo rimasti increduli, ma non sorpresi. Le cronache giudiziarie siciliane ci hanno abituato a storie che oscillano tra l’assurdo e il tragico, da Saguto a Montante e oltre. Questa, tuttavia, racconta un sistema che continua a rigenerarsi nell’indifferenza generale.
Abbiamo scelto di parlarne per la prima volta pubblicamente durante un convegno a Milazzo. Eppure, nonostante la gravità delle rivelazioni, la sensazione dominante è stata quella di un silenzio assordante: come se intorno a noi tutto volesse dire “non ci interessa”.
È stato in quel momento che abbiamo capito che questa storia doveva varcare i confini della provincia di Messina e raggiungere chi le storie le sa raccontare. Dopo aver visto “Una Brusca Faccenda” di Sara Cozzi e Roberto Disma — inchiesta nata inizialmente nell'ambito delle attività della scuola di giornalismo di Telejato — abbiamo pensato che questa “Assurda Faccenda” dovesse trovare la stessa forza narrativa per arrivare lontano, per scuotere coscienze e ricordare che la mafia non è solo violenza, ma anche quotidiana normalità dell’illegalità.
Per questo, l’Associazione Antimafie Rita Atria annuncia chiederà di essere ammessa come parte civile nel processo che seguirà alle indagini della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, come atto di coerenza e di impegno civile.
La storia continua
